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TRIESTE DI DAZA DRNDIC

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TRIESTE DI DAZA DRNDIC

Messaggio da Oldblucerchiato »

TRIESTE DI DASA DRNDIC
Scoperta relativamente tardi, la Drndic ci propone un libro di rara potenza evocativa, di assoluto coinvolgimento emotivo che ci consente di comprendere, una volta per tutte, la situazione del Friuli, in particolare Trieste e Gorizia, durante la seconda parte della seconda guerra mondiale, allorché con parte dell’Istria, della Slovenia e della Croazia, era divenuto parte costitutiva dell’ Adriatisches Kunstenland, in nuce quella che doveva diventare la provincia più a sud del terzo Reich, con il porto di Trieste quale sbocco essenziale nel Mediterraneo.
La Drndic non tralascia di raccontarci il ventennio che va dalla fine della prima guerra mondiale all’inizio della seconda, con l’avvento, più che in altre regioni, del primo fascismo, delle prime persecuzioni razziali, dei primi lager fra cui spicca , tetrissimo , la Risiera di San Sabba.
Il romanzo documentario ha come protagonista centrale Haya Baar di famiglia di modeste origini, la cui madre Ada sposa Paolo Tedeschi, conosciuto militare a Gorizia, dove abitava da nubile, appartenente ad una importante famiglia ebrea e imparentato con i Finzi ( ricorderete “Il giardino dei Finzi Contini” celebre film tratto dall’omonimo racconto di Giorgio Bassani) e altri di alta aristocrazia finanziario/economica . Una zia di Paolo Tedeschi milita invece nel partito comunista neonato nella Germania nazista, con Rosa Luxemburg. I due si conoscono nel piccolo negozio di articoli vari sito nella vecchia Gorizia.
Haya ricorda in tarda età, dopo una carriera di insegnante di matematica, nella solitudine di una Gorizia liberata ma di una vita mal conclusa, episodi e personaggi della Gorizia , e poi di Trieste di quel tempo.
Dietro ogni nome si nasconde una storia: il sottotitolo dello splendido racconto /documentario della Drndic, arricchito ovunque di dettagli che non lasciano alcun spazio a negazionismi della prima e dell’ultima ora, è il tema portante del racconto che si dipana da personaggi sconosciuti, a personaggi internati in manicomi (il genio matematico del prof Cacciopoli, Umberto Saba), a lettere di suoi ex studenti, all’amore e al figlio avuto e poi misteriosamente rapito, con un uomo in apparenza dolcissimo ma con un importante ruolo nelle SS di stanza a Trieste, il progressivo svuotamento di Gorizia e Trieste dagli ebrei, che finiranno a Dachau, Belsen,Auschwitz, l’italianizzazione dei cognomi, la perdita delle identità prima ancora della vita. Si dipana attraverso i racconti dettagliati dei treni che, con il Brennero chiuso, transitavano , via San Gottardo, attraverso la Svizzera, stipati di ebrei condannati ai forni crematori, a cui la Croce Rossa Svizzera , per lavavarsi la coscienza, offre coperte ,caffè caldo, brodo nel breve tempo che il treno staziona a Zurigo prima di proseguire, con un tacito accordo, a sorta di compromesso con le autorità del Reich. Una vergogna che nessun brodo ,nessun caffè potrà cancellare dalla coscienza del buono,ordinato ma sostanzialmente menefreghista svizzero.
Ci racconta dei Gaulaiter (specie di podestà insediati dalle SS) Globocnik e Wirtz, il secondo a capo degli Einsatzkommando e con il compito di sopprimere brutalmente tutta la popolazione non ariana o nella Risiera, o con deportazioni , mentre la ricca e sostanzialmente connivente alta borghesia triestina trascorre i suoi giorni nei caffè o nelle pasticcerie incurante o non volendo sapere dei crimini che si consumavano nella Risiera.
Segue un lungo elendo di nomi che occupano oltre 50 pagine e che sono di 9000 persone deportate e uccise. La Drndic ci segnala nomi di persone che la storia vorrebbe dimenticare,ma anche nomi di conniventi, nomi di addetti agli orari dei treni che cancellavano la presenza dei treni speciali, come a spiegarci che chi uccide non è soltanto chi materialmente compie il gesto ma chi, vigliaccamente o addirittura in accordo, prepara il terreno perche tutto fili alla perfezione.
Wirtz verrà ucciso da partigiani titini, una volta intercettato il convoglio su cui viaggiava. Sono gli stessi partigiani che hanno subito le foibe nazifasciste, tutte documentate e che a fine guerra commetteranno lo stesso errore , ma non ai danni di chi lo avrebbe meritato, che invece farà lunghe e immeritate carriere politiche, specie in Italia.
E’ un racconto/documentario ma anche un viaggio nella memoria individuale e collettiva, in quel museo degli orrori che è stato il 900 con due guerre mondiali, dittature di vario colore, omertà , connivenze, bordelli ( celebre il saloon Kitti anche quello ricordato in un film ), codardie, silenzi e qualche voce dissonante subito messa a tacere per essere ricordata decenni dopo. Troppo tardi? Forse no.Visti i tempi.
Ultima modifica di Oldblucerchiato il 26/12/2019, 8:02, modificato 1 volta in totale.
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Re: TRIESTE DI DAZA DRNDIC

Messaggio da Doc Holiday »

Grazie per la recensione interessantissima, Old. A quanto ho capito un libro che bisogna trovare il tempo di leggere per non dimenticare, anche se temo che il valore della memoria sia uno dei tanti che è andato a farsi fottere in questi anni.
Tutti si riempiono la bocca con l'inglese e l'informatica, ma la cultura e la formazione di una coscienza civile passa prima di tutto attraverso la consapevolezza di quello che è già accaduto e attraverso lo studio del pensiero.
Insomma attraverso lo studio della storia e della filosofia, che io renderei obbligatorio per tutti fino all'età di sedici anni.
Sperando che Babbo Natale abbia distribuito in giro anche un po' di libri insieme a tutto il resto, rifaccio gli auguri a tutti gli amici del forum.
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Re: TRIESTE DI DAZA DRNDIC

Messaggio da Oldblucerchiato »

Caro Doc, sono completamente d'accordo con quanto scrivi: l'informatica e l'inglese , utilissimi per molti aspetti, stornano
dal pensiero di una coesistenza civile, da una visione della realtà, che oltre ad essere inevitabilmente prismatica è una visione ormai troppo mediata dalla velocità di "apprendimento" (lo virgoletto non casualmente) della realtà e dei suoi epifenomeni che , il più delle volte, distraggono,distolgono le riflessioni dai problemi di fondo,per spostarli su aspetti collaterali che nulla hanno a che fare con quanto è reale accadimento che richiede invece tempo, fatica , ritornare sui propri passi, porsi la visione di un fenomeno sociale da più angolazioni, insomma cercare di capire oltre ciò che pare evidente e che , più delle volte, è soltanto polvere negli occhi perché si rimanga, con quattro certezze scarsamente masticate e nella convinzione di essere nel giusto, nell'informato mentre si coglie soltanto ciò che è un aspetto superficiale di un problema molto più complesso.
Non casualmente l'inglese e l'informatica hanno qualche comunanza non di poco conto: il pragmatismo e la velocità, ovvero tutto quello che non serve al pensiero organizzato che richiede dubbi, rimandi, diverse prospettive di lettura di avvenimenti passati o attuali.
Sono anche d'accordo sulle tue conclusioni su una rivisitazione della filosofia, non tanto come apprendimento di sistemi di pensiero, quanto , per dirla come Pierre Hadot, come un ritorno una riscoperta di sistemi di vita che implichino la centralità dell'uomo, dello stile di vita, della lentezza come via necessaria alla conoscenza, dell'etica come collante fra i rapporti con se stessi e gli altri, dell'osservazione della natura ( mai così importante come nel nostro tempo) traendo da quest'ultima gli spunti per comportamenti omogenei fra uomini di diversi continenti. Ma mi rendo conto che quel mondo antico era piccolo e che i rapporti erano più immediati, o se vuoi, meno mediati, mentre il nostro tempo è molto più complesso .
Sulla Storia, come studio di eventi , anche in questo caso valutabili da più punti di vista, valgono gli stessi principi che tu hai sinteticamente ben esposto.
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